È sempre stato un bisogno dell’uomo, fino dalla notte dei tempi. Un segno della nostra umanità.
Affrontare la morte è parte integrante della vita, un modo per metterci di fronte alla precarietà dell’esistenza e alla speranza della trascendenza.
Le prime sepolture dei morti risalgono al paleolitico medio, tra il 120.000 e il 40.000 a.C., e indicano quanto antico e radicato sia il bisogno di dare un senso al trapasso, onorando la vita e restituendo alla natura e, per chi crede, a Dio, i corpi e le anime di coloro che hanno lasciato questa terra.
Con il passare del tempo e l’evolversi della civiltà umana, la sepoltura ha assunto forme rituali sempre più codificate e complesse.
Il trattamento del corpo, la sua vestizione, l’accompagnamento verso il luogo dell’ultimo riposo, la tumulazione…percorsi e processi volti a onorare e ricordare chi non c’è più e, nello stesso tempo, a consentire a chi resta di passare oltre con la consapevolezza serena del distacco.
In questa evoluzione che parte dalla preistoria, passando per le piramidi egizie e i complessi rituali di imbalsamazione e tumulazione sia dei faraoni sia delle caste sacerdotali, fino ad arrivare al popolo; i riti degli antichi greci, dei persiani, di Roma, per giungere fino al Cristianesimo in cui gradualmente le esequie si sono evolute fino a diventare, secolo dopo secolo, quelle che conosciamo oggi, la figura dell’ operatore necroforo – dall’unione di due parole greche, νεκρο “necro” (morto) e ϕόρος “foros” (portatore) -, ha assunto un’importanza via via crescente.
Designata nel tempo con termini diversi, a volte spregiativi e, nei secoli passati, svolta principalmente dalle persone più povere ed emarginate, in realtà la professione del necroforo richiede una forte dose di umanità, delicatezza e una grande capacità di distacco, per non lasciarsi prendere la mano dal dolore ed essere in grado di fornire il supporto e la professionalità necessaria per aiutare le famiglie in un momento della vita in cui il dolore per la morte di una persona cara è intenso e struggente.
Rispetto anche a pochi decenni fa, il trapasso viene vissuto in maniera completamente diversa. Se vogliamo, la morte è stata spersonalizzata, si è progressivamente distaccata dalla nostra vita quotidiana. Con la crescente ospedalizzazione della popolazione il luogo del trapasso si è gradualmente spostato dalla casa di famiglia, in cui il morente era circondato e curato dagli affetti più cari e dagli amici più stretti, agli ospedali e alle case di cura. Questo ha reso il momento del trapasso un evento quasi asettico, distante dalla vita quotidiana ed estraneo dalla vita familiare. L’estraneità della morte dal ciclo della vita ha reso quindi, se possibile, ancor più difficile affrontare il momento del dolore.
In questo contesto, ecco che la figura del necroforo si è trasformata: da semplice trasportatore della salma dall’abitazione al luogo delle esequie e, in seguito, al cimitero, è diventato un supporto indispensabile per i congiunti in tutte le fasi che succedono il trapasso.
Quando una famiglia si trova di fronte alla morte di un congiunto, la presenza di una figura che sappia accompagnare in tutte quelle pratiche burocratiche necessarie e psicologicamente impegnative, diventa fondamentale per poter gestire al meglio il delicato momento successivo alla dipartita.
In questo contesto, la figura e la professionalità del necroforo diventano indispensabili: la scelta tra tumulazione e cremazione; la bara; la vestizione della salma e l’organizzazione delle esequie; le pratiche e l’affissione dei manifesti funebri; la comunicazione del decesso; il trasporto e la delicata gestione delle pratiche successorie… un insieme di incombenze che richiedono competenza e conoscenze approfondite, unite alla delicatezza che deriva dalla comprensione del dolore.
Competenze tecniche e solidità psicologica: queste le caratteristiche principali che un necroforo deve possedere per poter svolgere al meglio la sua professione.
Per questo, oggi, è indispensabile frequentare un corso di necroforo, che può avere una durata variabile, da due giorni a diverse settimane, nel quale vengono fornite nozioni di psicologia e i modi più opportuni per accostarsi alle famiglie, sia competenze tecniche e burocratiche, indispensabili per il corretto disbrigo di tutte le pratiche legate alle esequie.
La caratteristica fondamentale del necroforo, però, non è la conoscenza tecnico – amministrativa delle migliori procedure burocratiche e pratiche nella gestione delle esequie, bensì la capacità di sapersi approcciare con i familiari del defunto. Cortesia e discrezione; capacità di intervenire con delicatezza per aiutare nelle decisioni più urgenti senza essere però invadente; forza interiore, per non lasciarsi coinvolgere dal dolore altrui e dalla vista, quotidiana, della morte. Quella del necroforo è una professione complessa e delicata, che non tutti possono svolgere.
Se il folclore e la superstizione popolare hanno da sempre accompagnato la figura del necroforo, ammantandola di connotazioni negative e discriminatorie, è invece chiaro come la professionalità dell’operatore necroforo sia qualcosa che va oltre la figura del classico becchino. È molto di più. Un elemento fondamentale in un momento fondamentale della vita delle persone: quello della morte